martedì 27 maggio 2025

Vesak 2025 o del cambiare ogni cosa

Penso che ci sarà un prima e un dopo per Milano. Prima del Vesak 2025 e dopo il Vesak 2025. Che ha riscritto in modo netto eppero’ non definitivo (che è la cosa più bella come il buddhismo insegna), cosa voglia dire fare eventi per le persone in città, cosa significa farle incontrare, cosa significa farle parlare, cosa significa farle ascoltare.




Un breve elenco di quel che mi porto dietro e che non mi mollerà facilmente:

-Jane Goodall (classe 1934) è una delle donne più energiche, guerriere, rassicuranti e magnetiche che esistano al mondo. Quando sale sul palco con un balzo e fa il verso dei suoi scimpanzé e i cani rispondono, il mondo si ferma anche al centro di Fabbrica del Vapore e il pianeta ricomincia a respirare (c’è speranza, si’. Con Jane ce n’è sempre)



-per tre giorni i monaci sono stati mescolati tra noi: come noi usano sacche in tela per i loro libri, come noi chiacchierano, passeggiano, bevono acqua dal boccione, ridono (a crepapelle a volte). Essere tutti insieme e tutti intrecciati nello stesso luogo ci ha uniti nel quotidiano come mai mi era capitato prima

-Il verbo meditare (meditor) è la forma iterativa del verbo medeor che in latino significa prendersi cura. La meditazione è ripetizione. La cura e’ ripetizione. Del gesto, della sillaba, del pensiero, della pulizia, della concentrazione, della parola

-ricevere un bracciale benedetto da un monaco buddhista intreccia il tuo polso a qualcosa che non conosci e l’energia e pace sue si diffondono nel corpo tutto  

-le persone che siamo sono le storie da cui veniamo, come ricorda Jetsun Pema, sorella del Dalai Lama, che insegna ai piccoli tibetani dove affondano le loro radici 

-la mediazione non può curare il cancro ma può curare il nostro sguardo su di lui 

-il se’ non è una singola identificazione ma nemmeno la somma delle parti 

-l’unione di tutti gli esseri, come spiega Jane, la possiamo trovare nei boschi. Ognuno di noi può, purché sia solo perché in queste cose gli umani rischiano di fare da interferenza 

-la reverenda Elena Seishin Viviani e’ una donna splendente e piena e ti insegna che oggi idolatriamo il cibo ma abbiamo perso il suo rito. La giusta quantità e’ tutto quel che serve in un pasto e nella vita nostra 

-il buddhismo non si semplifica. Sempre sempre bisogna studiare perché se no sarà facile dire: ecco vedi, non funziona



-prima di pensare che il buddhismo sia la nostra via, dovremmo meglio studiare anche i nostri testi sacri, e ce lo dicono i monaci

-non è che il viaggio è più importante della metà, il viaggio è la meta

-la retta parola cura, come dice Baricco. E per farlo si fa mite e sobria e esatta e perimetrale. Perché abbiamo dato troppo spazio al pressapoco ed è tempo di riprendercelo

-la dipendenza che abbiamo da device si può placare, e sui social possiamo usare modi diversi di raccontare purché abbiamo il coraggio di diminuire ciò che ci piace ma fa male e aumentare ciò che a un primo sguardo pare costare più fatica ma ci fa bene, come spiega Lama Michel

-osservare i monaci che creano e disfanno il loro mandala e’ ipnotico  

-quando passiamo per le nostre campagne di filari stretti stretti e ammassati, dovemmo porci sempre la domanda che pose Vandana Shiva durante un convegno in Italia: perché crocefiggete i vostri meli? 

-la musica cura, e curano le collaborazioni tra festival negli stessi giorni: così il concerto di piano city a Vesak con Cesare Picco a celebrare Keith Jarrett accorda cose e tiene mondi (tutto si tiene)

-il cibo cura e se lavora con amore il cuoco si fa monaco e la cucina cura 

-una cosa molto pratica e molto spirituale che noi tutti possiamo fare, come suggeriscono Simone Salvi e Lucio Cavazzoni, è recuperare una relazione coi nostri agricoltori e stare ad ascoltare quello che dicono 

-una domanda che sempre dobbiamo porci per capire se siamo nella giusta direzione: la vita che sto vivendo mi rappresenta?

-quando dai loro la benedizione gli animali sentono cose e lo dicono a gran voce

-Bhikkhunī Dhammadinnā l’ha spiegato bene come nessun altro: se prendiamo cura degli altri, ci prendiamo cura di noi stessi.





lunedì 7 aprile 2025

Grassi, grossi segreti della Design Week

 Un altro dei grassi, grossi segreti della Design Week è che permette di accedere a palazzi, sagrestie, appartamenti che -normalmente- sarebbero preclusi a noi umani.

Così, dagli scampoli della giornata di oggi, mi porto a casa:
-l’ingresso e il giardino sul retro di Palazzo Castiglioni col suo Liberty dirompente e il suo allestimento spagnoleggiante
-le linee pulite della chiesa anglicana di Tutti i Santi in dialogo con il design essenziale di Bodo Sperlein (che al momento è il designer più gentile e sorridente che abbia conosciuto quest’anno)
-l’eleganza abbacinante di Palazzo Donizetti che si dischiude oltre un portone che sembrerebbe poco roboante (ma sarebbe un errore pensarlo!)
-la sagrestia della Chiesa del Carmine invasa dal profumo del cedro antico e dal lavorio di fumi e fragranze australiane di Aesop
-le tappezzerie di Cesare Correnti 15 (si torna li’ ogni anno anche solo per loro e per quei vetri blu che più blu sarebbe duro immaginarli)
-Palazzo Bovara che si fa alchemico (ma quando ti affacci alle finestre i giardini lì fuori non hanno eguali quanto ad alchimia)
-le tante anime di Antonio Marras, che fa ogni volta del suo “Nonostante” una storia sarda che pizzica corde che risuonano
-bonus track: oggi in Statale c’erano un sacco di spighe di grano e fiori. E quel circo caotico, grazie e loro, mi è piaciuto -confesso- un po’ più del solito.








domenica 6 aprile 2025

Fioriture alla Design Week 2025

 La mia lista di cose belle per iniziare questa settimana del design qui.

-I fiori che sbocciano in ogni materiali e gli alberi caduti che riprendono vita da @rossana_orlandi Orlandi



-Byoung Cho che ci fa camminare scalzi su una piattaforma di terra rossa nel cortile di Palazzo Litta e ci ricorda -ahimè serve- che “Nessuno possiede la Terra” e che sarebbe sciocco pensarlo
- @6am_glass che apre gli antichi bagni pubblici della Piscina Cozzi e racconta l’audacia, il mistero, il misticismo anche delle antiche e nuove fornaci del vetro
-il marmo, il metallo liquido, i fiori di carta dal cielo di @bagnara.truestones
-la Library of light all’Accademia di Brera
-la Corea del Sud che racconta la sua storia attraverso la sua modernità e mi stupisce sempre per la cura che ci mette (che fa impallidire il nostro “occuparci di dettagli”)
-i tessuti di luce di @lcdtextile nella Sala degli Specchi di Palazzo Litta
- @studio_forward col suo calore e ardore palermitano (e ci sembra di conoscerci da sempre. Bisogna andare assolutamente a trovarli)
-Yong Nam Kim che ricompone la tradizione degli armadi coreani attraverso lo sguardo del vetro e del vuoto che si apre al silenzio
-gli Orizzonti di @zanellatobortotto che riescono a cucire connessioni tra libri raffinati e una casa che spazia tra le nebbie della laguna veneta, gli intrecci dei tessuti sardi e le dune della Namibia
-i piatti che si tingono di luce di @habits_design (e paiono haiku) da @superstudio.events
-Homoka e Aqua Clara che la plastica la trasformano in qualcosa di scintillante come gioielli acquatici



-la maschera di bellezza (ovviamente coreana) che ci concediamo dopo queste 10 ore e 22 mila passi di design a Milano (e pare bava di lumaca, ma assicuro che non lo è perché è vegana)





Robert Wilson, la Pietà Rondanini e l'arte del silenzio

Se dovessi scegliere una sola delle meraviglie viste oggi, sceglierei questa qui. Che, guarda un po’, si apre in pieno buio. Perché, per farti guardare per davvero la Pietà Rondanini, Robert Wilson spegne radicalmente la luce. E poi la riaccende, piano piano, linea dopo linea, ed eccola qui l’anima di Michelangelo, sulle note dello Stabat Mater di Arvo Pärt. Lei, la madre, lo prende, il figlio, lo tira su. E, così è parso a me, eccolo che risorge. Eccolo che si rifà carne e rosso sangue ed ecco che infine la luce si spegne di nuovo e lui va via e resta il marmo, materia in cui qualcosa è passato, in cui qualcosa è vissuto. Un’esperienza che abiterò ancora a lungo. Con anche una domanda (più futile rispetto a quella della risurrezione, o forse no): da quanto tempo non stavo zitta e buona a guardare, al buio, una singola opera d’arte? Grazie Robert Wilson per riportarmi a vedere le cose. Partendo dal buio.

(Le foto così come i telefoni non sono ammessi, e questa cosa è bellissima. Ecco quindi due scatti ufficiali ©Archivio Change Performing Arts che ringrazio)




domenica 23 marzo 2025

Soul Festival, edizione 2025 ovvero il mio festival preferito in città

Da questo dirompente, commovente, spiritualissimo e concretissimo Milano Soul Festival mi porto a casa un’infinità di meraviglie e scoperte
•⁠ ⁠Cenare nel silenzio e usare solo i gesti al refettorio ambrosiano scatena gesti che non sapevamo di conoscere né di possedere
•⁠ ⁠Milano è luogo di cultura, design, arte, moda, ma ha anche bisogno di altro. Ha un bisogno estremo di quella spiritualità che fa parte del suo DNA, come ricorda Elena Beccalli, magnifico rettore dell’Università Cattolica, che è donna dal coraggio, la determinazione, l’intelligenza luminosa.
•⁠ ⁠David Grossman è uno degli esseri più essenziali, equanimi, profondi e immaginifici che abitino oggi sul pianeta terra (e Noseda è la voce italiana migliore che potesse incrociare)
•⁠ ⁠È passato il tempo delle cose nuove, ora è quello delle cose giuste, quelle che tutelano l’altro e creano fiducia
•⁠ ⁠Il Cardinale e Poeta José Tolentino de Mendoza è il maestro che ognuno di noi vorrebbe incontrare sulla sua via. E sorride in un modo che non vedevo da tempo
•⁠ ⁠La meditazione non è fuga dal mondo ma comprensione del mondo e delle sue vite. E lo si intuisce ancora di più se si ascoltano Raga indiani meravigliosi nella sacrestia di Santa Maria delle Grazie
La trama dell’oggi è la trama del noi, perché l’io in solitudine è destinato al fallimento. Ed è giunto il momento di rendersene conto dopo una bulimia di ego che ha preso a soffocarci
•⁠ ⁠Il vicario apostolico dell’Arabia Meridionale Paolo Martinelli, il docente di teologia islamica Adnane Mokrani, il rabbino David Sciunnach insieme sul palco del Salone d’Onore della Triennale sono mattoni di costruzioni nuove. E ancor più è mattone l’applauso al pensiero di Mokrani, per cui non esisterà pace finché non esisterà un’associazione interreligiosa dei diritti umani che renda realtà inconfutabile il concetto per cui nessuna vita vale più di un’altra. Mai, in nessuna circostanza
•⁠ ⁠Ad Abu Dhabi esiste un progetto architettonico unico al mondo firmato da David Adjaye. La Abrahamic Family House raccoglie in uno spazio comune una sinagoga, una moschea, una chiesa: ognuno col suo edificio, ognuno con le sue differenze. Ma ci si ritrova nella piazza e nel giardino, ogni giorno insieme perché una fede non esiste se non si riconosce l’altra. Come era (e come prima o poi sarà ancora) a Gerusalemme
•⁠ ⁠Stringere la mano al prof. Adnane Mokrani trasmette senso e fa svoltare qualunque domenica di pioggia
•⁠ ⁠Se ci abituiamo a lasciare andare, la vecchiaia è una bellissima, esuberante scoperta
•⁠ ⁠Non trovi il sublime se lo cerchi. Lo trovi se hai fortuna. E la fortuna è una finestra lasciata aperta sulla soglia del tuo cuore, come racconta Maia Cornacchia riecheggiando Krishnamurti e il suo peso rivoluzionario sulle generazioni del ’68 (lui che disse che non dobbiamo avere maestri, nemmeno in noi stessi)
•⁠ ⁠Nicola Lagioia in San Nazaro in Brolo fa riecheggiare Macbeth, Shakespeare, Ungaretti, Svevo, Conrad, Tolstoj e gli altri. E ci ricorda e regala, in stato di grazia e veracità, il potere taumaturgico della letteratura
•⁠ ⁠Arnoldo Mosca Mondadori assieme ai carcerati trasforma in violini i legni delle navi in fuga nel Mediterraneo e ridà voce e vita ai migranti (anche grazie al tocco talentuoso di Issei Watanabe)
•⁠ ⁠Il monaco zen Fausto Tairen Guareschi ha avuto per maestro d’elezione il presbitero e intellettuale Ernesto Balducci, che non conoscevo e di cui – dopo una manciata di ricerche – non ci si può non innamorare
Grazie Milano Soul Festival per rendere Milano un posto migliore



mercoledì 1 gennaio 2025

Parco Terra Nostra, Azzorre

31 acri.

2000 alberi.

1300 specie botaniche tra quelle locali e quelle provenienti da America, Australia, Nuova Zelanda, Cina e Sudafrica.

600 specie di camelie.

Acqua termale tra i 36 e i 42 gradi.

I numeri non mi affascinano quasi mai, ma quelli del Parco di Terra Nostra rappresentano esattamente il capogiro che si prova nel perdersi in questo giardino immenso che mescola i verdi lucenti e tutti diversi di palme, bambù, querce, muschi e salici, l’arancione delle acque termali ricche di minerali, i rossastri di azalee, rododendri e camelie, i bruni dei tronchi. L’origine di tutto fu nel 1775 con Thomas Hickling, commerciante di Boston e console onorario degli Stati Uniti che sposò in seconde nozze una giovane di Philadelphia, Sarah Faulder, arrivata a Sao Miguel dopo un naufragio. Abbacinato dalla bellezza trascendente delle Azzorre, dopo la prima visita imposta dal padre, Hickling era infatti voluto tornare per creare qui il suo personale hermitage. Ma con una notarella molto poco usuale per l’epoca: che il giardino e le sue vasche (al tempo destinate a navigazione e pesca di piacere) fossero aperti a tutti. Non solo signorotti riccamente vestiti, insomma, ma anche contadini, popolani, allevatori di Furnas e dintorni. Le persone arrivarono a frotte. Molte più di quante Hickling si aspettasse. E questa notarella rimase in auge anche nei passaggi di proprietà successivi, perché il paradiso in terra che Hickling prima, i Visconti di Praia poi e la famiglia Bensaude dal Novecento a oggi contribuirono a realizzare e’ - pure ora - aperto a tutti. Noi lo abbiamo esplorato in una giornata di pioggia torrenziale. E -torrenzialmente- ci ha fatti innamorare.





martedì 31 dicembre 2024

Cattedrali gotiche, alle Azzorre

Quando sua moglie Maria Guilhermina si ammalò gravemente, il possidente azzorriano José do Canto si mise in testa di realizzare per lei qualcosa di memorabile. Siccome le sue passioni d’elezione erano due, la poesia e la botanica, e siccome aveva viaggiato parecchio sul continente e la liquidità certo non gli mancava, convocò l’architetto francese Andre’ Breton e gli chiese di costruire per Maria una chiesa neogotica che diventasse un domani luogo del di lei (e poi di lui) eterno riposo. Un luogo dalla poesia struggente, circondato da un giardino immenso affacciato sul lago di Furnas in cui il gusto gotico francese si fuse con le istanze micaelensi locali. La chiesa venne inaugurata nel 1888, un anno dopo la morte di Maria Guilhermina Taveira Brum da Silveira.

Nossa Senhora das Vitórias Chapel si staglia in uno scenario riservato, di una pace radicale, circondato da un parco che è una via di mezzo tra la giungla (o almeno la giungla che immagino), un orto botanico continentale, le ampie piantagioni americane e la costa scozzese. Il mondo in piccolo, tutto per lei.
Se non è amore questo!