sabato 7 giugno 2014

Abbracciare Eddy

Conclusa l'ultima pagina sono rimasta così: con la voce spezzata e lo sguardo fisso a vagare davanti a me, a cercare un appiglio, che non c'era e che non avrei comunque potuto trovare.
Il Caso Eddy Bellegueule di Edouard Louis si legge senza fermarsi, alla ricerca di un lieto fine che in realtà non può arrivare. Perché Edouard racconta la violenza ben sapendo che non è finita. Nel piccolo paese in cui è cresciuto (non importa dove sia, è un paese che tutti noi conosciamo perché ci alberga dentro) il debole attacca il più debole in un perverso gioco di ruolo. E della violenza "subita" Eddy porterà sempre le tracce. Nella mente, nello spirito, nel corpo. Quell'aggettivo però, violenza "subita", va tra virgolette. Perché "non posso fare a meno di interrogarmi, anni dopo, sul significato della parola complicità, sulle frontiere che separano la complicità dalla partecipazione attiva, dall'innocenza, dall'indifferenza, dalla paura". 
Per questo è una denuncia il libro di Eddy, ma è anche un invito urlato, un'implorazione, un'esortazione a non lasciarsi trasportare dagli eventi. A non permettere agli altri di fare e di farci del male. In questo reportage di Canal Plus forse si riesce a capire meglio ciò che intendo dire: una videocamera invadente fruga tra le dediche che Eddy sta scrivendo ai suoi lettori. Lui si ferma, protende il braccio e allarga la mano "Non voglio che filmiate... ciò che scrivo alle persone è qualcosa di personale...".
Eddy ora dice basta. Alla violenza, all'invadenza, all'arroganza, al sistema. Il suo romanzo è di una forza impressionante e resta allo stesso tempo delicatissimo. A un certo punto, quando arriva ad Amiens (città della speranza, città del riscatto, città della rinascita) Eddy parla e pensa in un modo del tutto pasoliniano. E si chiede se in realtà il suo non sia un corpo borghese. Si chiede se non sia stato un aspetto "politico" e sociale più che la sessualità in sè a dividerlo dal resto.

E' sorprendente Eddy. Vorresti parlargli, conoscerlo, stringergli la mano. Il primo desiderio che hai quando leggi l'ultima pagina è solo quello di chiudere il libro e correre ad abbracciarlo.

Poi, però, capisci che in fondo anche quella sarebbe violenza. E pensi che no. Devi volergli bene da lontano, rispettando lo spazio e il corpo che gli appartengono. Pronto, quando lui lo vorrà, a stringerlo forte, a chiedergli perdono per ciò che gli hanno fatto e che gli abbiamo fatto.
A chiedergli perdono per ciò che ci facciamo tra noi. E allora sì, quando e se lui lo vorrà, potremo finalmente abbracciarci.

martedì 3 giugno 2014

Bibliotravel: la seducente Istanbul, tra Agatha Christie e Pamuk, Markaris e Virginia Woolf


Istanbul è da sempre una terra di confine dove Oriente e Occidente si fondono talvolta grazia, talvolta con furore. La mia esplorazione è iniziata nella zona di Beyoglu, assolutamente inaspettata e insolita. Un quartiere ricchissimo di vita, musica, negozi, ristoranti e pasticcerie (lì i dolci sono una vera arte, consigliatissimi i Lokum e i Baklava da gustare assieme a uno dei loro tè - si chiamano CHAI con la c dolce- che vengono serviti in bicchierini di vetro a forma di tulipano). La via intorno cui tutto ciò ruota è la Istikal Caddesi. Tutta quest'area, giù fino al Corno d'Oro, è nota anche come quartiere di Pera e di Galata. 














Qui un tempo stavano i genovesi che anche gli ottomani (quando invasero Costantinopoli nel 1453) decisero di lasciare quali referenti locali pur distruggendo tutte le fortificazioni che qui gli italiani avevano realizzato. L'unica cosa che fu salvata fu la bellissima Torre di Galata che, soprattutto la sera, è incredibilmente suggestiva e affascinante. Ciò premesso, arriviamo finalmente al dunque, ovvero alla sezione Bibliotravel che avevamo annunciato in questo post. Perché fu proprio qui che si stabilirono e vissero dall'Ottocento in poi gli occidentali: dai francesi ai tedeschi, dagli inglesi agli italiani. Per questo le case sembrano quelle del quartiere latino di Parigi: un misto di decorativismo, decadenza e bellezza. Sempre qui a Pera soggiornarono dunque Agatha Christie e Virginia Woolf, Flaubert e Loti, scrittori, artisti e viaggiatori. Spesso arrivavano in nave oppure con l'Orient Express e poi con graziose portantine venivano portati oltre al Corno d'Oro sino ai loro alloggi "all'occidentale". 

Proprio qui, dunque, Agatha Christie scrisse il suo Assassinio sull'Orient Express, composto nella camera 411 del Pera Palace Hotel. Fuori dalla stanza, mantenuta con molti degli arredi e degli oggetti dell'epoca, si trovano ancor oggi alcune teche dedicate al soggiorno della Christie a Istanbul. Tra essi spicca una curiosa chiave. Nel 1979 la Warner Bros. decise infatti di dedicare un film (con un'inquietante Vanessa Redgrave e un eccelso Dustin Hoffman) alla misteriosa scomparsa di Agatha Christie, che nel dicembre del 1926 era sparita riapparendo dopo 10 giorni, senza rivelare mai a nessuno cosa fosse accaduto in quel lasso di tempo. Per fare luce su quelle oscure circostanze (con una campagna di lancio del film che sarebbe rimasta nella storia) Warner Bros. chiese alla medium Tamara Rand di mettersi in contatto con Agatha. Proprio alla sensitiva la scrittrice avrebbe rivelato il luogo dove era nascosta la chiave del diario segreto in cui aveva raccontato quanto era accaduto in quei famosi 10 giorni. Inutile dirlo: la chiave fu ritrovata proprio nella stanza 411 del Pera Palace Hotel. Ma del diario, naturalmente, non c’erano tracce.


Anche Virgina Woolf scopre Istanbul nel corso dei suoi viaggi con Vanessa, Toby e Adrian. Si trattiene una manciata di giorni eppure ne avverte a pelle il mistero e scrive «Adesso per esempio c’è l’enigma di Santa Sofia; perché è la chiesa più criptica d’Europa? Perché diventa sempre più bella e misteriosa via via che la si conosce – o che se ne conosce l’involucro? Bisogna iniziare dal principio e confessare che l’enigma sono i turchi stessi». Lo racconta nei suoi Diari di viaggio, editi in Italia da Mattioli.

Passato il Corno d'Oro attraversando il ponte di Galata, si arriva nell'antica Costantinopoli dove si svelano le meraviglie di Santa Sofia, che mozza il fiato, l'eleganza della Moschea Blu e la ricchezza del palazzo imperiale detto Topkapi. Ceramiche, mosaici, fontane, padiglioni, decorazioni, oggettistica, hammam, harem, bazar. Tutto è meraviglia. Compresi i sarcofagi impressionanti conservati al Museo Archeologico o la suggestiva cisterna della Basilica, a pochi passi da Santa Sofia. Tutte queste strade si possono percorrere in solitudine. Oppure si può scegliere di esplorarle in compagnia di Loti, Flaubert, Concteau, Lamartine, Andersen, Nerval... Un'antologia straordinaria ha raccolto questi scrittori intorno a un tavolo, come sul ponte di un'unica nave, per un viaggio che si legge come un solo romanzo, ma anche come una collezione di quadri riuniti in un unico museo vivente. Si tratta del Romanzo di Costantinopoli. Guida letteraria alla Roma d'Oriente di Silvia Ronchey e Tommaso Braccini.

Il "perfetto tour vittoriano per Costantinopoli, come lo definisce Jason Goodwin, di cui diremo tra poco, ce lo regala un italiano. E' Edmondo De Amicis che nel 1875 come corrispondente dell'Illustrazione Italiana racconta la città al suo tramonto, tra sultani e eunuchi, concubine e Palazzo Topkapi, Santa Sofia, Gran Bazar Corno d’ Oro...

"È una bellezza universale e sovrana, dinanzi alla quale il poeta e l’archeologo, l’ambasciatore e il negoziante, la principessa e il marinaio, il figlio del  settentrione e il figlio del mezzogiorno, tutti hanno messo un grido di maraviglia. È il più  bel luogo della terra a giudizio di tutta la terra".
Giusto quarant'anni prima del viaggio di De Amicis, lo storico e viaggiatore Jason Goodwin, studioso di storia bizantina, ambienta una fortunata serie di gialli che vede protagonista un detective insolito e raffinato, l'eunuco di corte Yashim. Un uomo affascinante e intelligente che adora la letteratura francese così come la buona cucina. Sarà lui a indagare e districare matasse intrigate in un impero
ottomano ormai decadente.

Tra una tappa e l'altra, consigliatissime a Istanbul delle pause gastronomiche. La cucina turca coi suoi meze, piccoli assaggi diversi da gustare col loro pane tipico e con accompagnamento di salse e salsine locali, rappresentano proprio il mio ideale di cucina. Per mangiare queste delizie ci si può recare nelle cosiddette Meyhane (le osterie turche). I formaggi, i peperoni, le melanzane, le olive… tutto è delizioso come racconta anche Pedro Markaris (che a Istanbul è nato) nel suo delicatissimo La Balia, edito da Bompiani. Si tratta di un giallo in cui l'ispettore Charitos indaga sulla scomparsa della balia Maria che lascia tracce del suo passaggio tra cadaveri e... squisite torte al formaggio (dette "tyropita"). Oltre a meze e torte al formaggio, certamente un viaggio a Istanbul comprende per i non vegetariani l'assaggio dell'eccellente kebab locale. Da provare assolutamente le spremute di arancia ma soprattutto quelle di melograno: rosse, dolcissime e squisite. Fatte sul momento ti dissetano come poche altre al mondo. 

Tra le cose irrinunciabili di una visita a Istanbul c'è sicuramente la gita sul Bosforo. Sconsiglio di farla con i tour operator. Io con 3 lire turche (circa 1 euro) ho preso i battelli locali (che fungono da mezzi pubblici) e ho viaggiato sulle tre coste per circa 1 oretta. E' un'esperienza davvero toccante perché, come ti dicono gli stessi turchi, Istanbul va vista dal mare. Durante la navigazione vengono offerti tè e dolcetti locali (sempre per pochissime lire) mentre l'imbarcazione scivola sull'acqua costeggiando le tre rive punteggiate da moschee e palazzi, chiese e capanne, antiche case ottomane e rigogliosi giardini.

E poi naturalmente ci sono i libri del Nobel Pamuk, che ben ritraggono la vita e le sfumature della città ma forse ancor più i suoi legami con l'anima di chi scrive e di chi legge. Tra questi Istanbul è di certo un must, ma anche Il Mio nome è rosso, Il Museo dell'Innocenza (che poi -proprio a partire dal libro- si è trasformato in un Museo vero e proprio).


Di recente è uscito anche Rosso Istanbul di Ozpetek. Si legge rapido ma parla più dei temi cari al regista che della città nel suo intimo. Però quel profumo di polpette che si diffonde al mattino, come nelle Fate Ignoranti, ha sempre un che di caro e di familiare. Di quella famiglia che è composta di amici, compagni di strada e persone che sfioriamo. Le persone per cui vale la pena preparare polpette la domenica mattina. 

Quello a Istanbul, o forse a Bisanzio o forse ancora a Costantinopoli, è un viaggio eccezionale che rimane dentro a lungo e che si metabolizza pian piano, perché Istanbul -per come la vedo io- si lascia conoscere solo sulla lunga distanza e pretende dedizione, cura per il dettaglio e profonda attenzione.

  


lunedì 2 giugno 2014

Bibliotravel ovvero leggere dei luoghi in cui si viaggia (mentre si viaggia).

Ogni volta che mi trovo a pensare a un nuovo viaggio, mi assale la voglia di leggere romanzi, racconti, poesie che in qualche modo abbiano un legame coi posti che andrò a visitare. Non intendo semplici guide (sempre con me una Lonely Planet e poi una Touring, una Routard, una Rough Guide, a seconda della meta prescelta). Intendo proprio volumi di letteratura. Forse perché son convinta che spesso l'immaginato dica di più del reale circa i luoghi e gli spazi che ci circondano. Per questo ho deciso di inaugurare su questo blog una rubrica simile a quella che, nei miei quasi 6 anni da libraia, utilizzavo per indirizzare i lettori curiosi come me. Non so bene se partire dalle ultime mete che ho esplorato (Giappone e Istanbul) o dalle prossime. Lo deciderò in questi giorni. Intanto un primo estemporaneo consiglio per tutti gli amanti del Sol Levante. L'appassionato, struggente e violento Mishima del Padiglione d'Oro, una di quelle letture che ti fanno sentire davvero cosa sia il magnifico tempio Kinkaku-ji di Kyoto. Ovviamente tutti i suggerimenti e gli spunti saranno i benvenuti!