sabato 15 novembre 2025

Galerija 11/07/95 - Sarajevo

 

Per Srebrenica le parole non paiono abbastanza precise. Il vocabolario viene meno, si fa deficitario, silente, inadatto. Le immagini disponibili non sono abbastanza. Non lo sono nemmeno le ossa. Così alla Galerija 11/7/95 hanno fatto un lavoro immenso e coraggioso. Visto tutto quanto mancava, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, hanno tolto ancora invece di mettere altro. Via il colore, via il contorno, via il ridondante. Sono le vite e le morti degli uomini a raccontare.
A 30 anni dal genocidio di Srebrenica, a 30 anni dall’assedio di Sarajevo, la paura che ho sentito nel preparare questo viaggio sta proprio qui: stavo rimettendo mano in qualcosa che, come cittadini europei, abbiano in fretta rimosso, allontanato, pacificato. Non abbastanza libri, non abbastanza film, non abbastanza podcast, non abbastanza nulla. Ciò che esiste è quasi sempre meritorio e per me è stato prezioso come bussola nel mare, ma dovremmo esserne circondati sempre. Dovrebbero esserci interi settori nelle librerie e nelle biblioteche e capitoli nei programmi scolastici, nella universita’, nelle discussioni in famiglia, nei dibattiti pubblici. E invece no. Passato, superato, appianato.
Oggi Ermin -che nel 1995 e’ fuggito in Italia novenne con la sua famiglia prima che tutto nella sua terra fosse annientato- ci ha chiesto perché siamo venuti a Sarajevo. La verità, credo, è che oggi in questa Gerusalemme d’Europa - meravigliosa e luminosa e immensa e profonda - ci ha portati Gaza. Come l’angelo della storia di Benjamin: il volto e lo sguardo verso un cumulo di macerie, le ali spiegate dal vento a spingerlo verso il futuro.
Quando abbiamo percorso il tunnel segreto che permetteva a Sarajevo assediata di ricevere rifornimenti e armi e viveri, Adair ci ha domandato invece di sintetizzare in una parola sola nella nostra testa cosa si provasse a pensarsi lì. Cosa si provasse a trovarsi qui. Una parola soltanto, senza aggiungere altro. E nonostante tutto - proprio per tutto - la mia di parola rimane speranza. Se non fossi stata qui, non sarebbe stata la mia parola. Allora forse a Sarajevo veniamo in pellegrinaggio per questo. Per ritrovare speranza.





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