Oggi abbiamo fatto una lunga passeggiata per esplorare la Sarajevo socialista. Quella in cui, come ci spiegava Ernim, se avevi la tessera del partito avevi l’istruzione e la casa e il lavoro assicurato (però per pregare, quale che fosse la tua fede, era meglio se restavi chiuso a casa tua). Abbiamo seguito la strada lungo il fiume Miljacka, superato le mosche e le chiese e le sinagoghe. Abbiamo passato il Ponte Latino dell’attentato di Gavrilo Princip e poi giù giù, verso il cubo giallo che ospitava e ospita l’Hotel Holiday Inn, da cui i giornalisti di tutto il mondo raccontarono la guerra e che oggi ancora funziona senza troppo lasciar spazio alla storia che gli appartiene. Abbiamo esplorato il museo storico, che mostra la vita durante l’assedio, e poi quello nazionale che è dedicato ai minerali, agli alberi, agli animali, alle archeologie e alle popolazioni della Bosnia. Un museo ottocentesco classico, questo secondo, in tutto e per tutto simile a quelli delle altre capitali europee. E poi accanto a lui la struttura di cemento e vetro e metallo ispirata a Mies van der Rohe, un esempio di modernismo perfetto che le cannonate hanno, curiosamente, tinto di brutalismo. Proprio lì sotto c’è il Cafe’ Tito, pieno di ragazzi e di insegnanti, di qualche nostalgico anche, e pure di bambini che si arrampicano sui carri armati tutto intorno e danno loro l’unico senso che dovrebbero sempre avere: essere nulla di più che macchinine da guidare lungo il prato mentre ci si arrampica tra gli alberi e si gioca a nascondino. C’è questa cosa disarmante e commovente a Sarajevo: non sempre hanno portato via le armi, non hanno nemmeno fuso tutte le granate e i proiettili e i missili. Li hanno trasformati. Ce lo ha ben spiegato ieri il ramaio Renan Hidić (che lavora qui coi suoi tre fratelli dopo aver ereditato l’attività dal padre che a sua volta la aveva ricevuta dal nonno): se prendi un proiettile e lo lavori con cura e lo tramuti infine in vaso da fiori istoriato con motivi ottomani, tu hai trasformato qualcosa nato per dare la morte in uno spazio dedicato alla bellezza e alla vita. In un verbo solo: hai disinnescato la bomba.
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