domenica 13 settembre 2015

Rincorrendo Re Artù, tra cavalli selvaggi, noci di cocco e nastri variopinti (non lontano dalla casa di Agatha)

Giorno Cinque
La prima volta che ho incontrato davvero re Artù (se tralasciamo La Spada nella Roccia di Disney che pure adoro) è stata al liceo, quando la prof.ssa di francese ci ha iniziati al ciclo bretone con i libri di Chrétien de Troyes. Lì per lì, confesso, non fu folgorazione. Fascino sì, però. Discreto e per certi versi incompleto perché sentivo (e sento) che su questa storia mi mancavano ancora molti tasselli. Comunque con i viaggi delle ultime due estati sto cominciando a comporre il mio puzzle ripercorrendo le tracce di Artù al di qua e al di là della Manica. Nel mio quinto giorno in Cornovaglia, infatti, sono partita alla scoperta di Tintagel, luogo in cui -secondo la leggenda- nacque il mitico re.
Gli studi più recenti ritengono che il nome Artù abbia la stessa radice del vocabolo che indica l'Orso, sia in celtico che in greco. Questo vorrebbe dire che nella figura del giovane che estrasse Excalibur dalla roccia confluivano, per l'immaginario comune, tutte le qualità attribuite all'animale: la forza, la lealtà, la giustizia, la passione, il coraggio. Sia in pace che in guerra, Artù rappresentava il sovrano ideale. Dunque chi visita Tintagel si trova proprio nel luogo dove un personaggio eccezionale ha guardato il cielo per la prima volta. Di fronte a quelle scogliere a strapiombo sul mare, in mezzo alle folate di vento improvvise, circondata dall'erba soffice della Cornovaglia e dalle rovine del castello, poco importa che Artù sia un sovrano storico o immaginario. E' quello che rappresenta che qui si manifesta in tutta la sua potenza e anche nella sua fragilità. 
Perché, su queste rocce dove persino i gabbiani tremano scossi dal vento, basta una distrazione per scivolare di sotto o una tempesta improvvisa o una marea più rapida del solito a ristabilire l'ordine naturale e far tornare a governare gli elementi, anche nella loro forma più devastante. Nella parte bassa del sito si trova poi la grotta di Merlino. Ne parla anche Tennyson (di cui avevamo raccontato alcune vicende periferiche qui) nei suoi Idilli del re dedicati proprio alle vicende arturiane, spesso a partire dalla narrazione che ne fece Mallory. 
Terminato il viaggio nelle terre di Artù, siamo ripartirti direzione St Nectans Waterfall, una spettacolare cascata dove l'energia naturale non lascia scampo. E' un luogo curioso e vivacissimo: lo si raggiunge dopo una mezz'ora di cammino in mezzo ai boschi e, quando vi si arriva, si discende sino sotto alla cascata dove ogni sorta di ex voto fa bella mostra di sé. Un collezionista ne rimarrebbe stupefatto: immagini sacre convivono con cristalli celtici, nastri colorati, monete incastonate nel legno, statuette di fate, santini e pietruzze variopinte... Ognuno a suo modo vive qui la sua religiosità, più o meno tradizionale, più o meno condivisa. Ammettendo in ogni caso che nulla è più energetico, stupefacente e sbalorditivo della natura.
Forse lo ha spiegato bene Salgado in una sua intervista: "Non credo in Dio. E ho smesso anche di credere nell'uomo. Ma i miracoli ci sono, per me lo dimostra l'esistenza delle noci di cocco: tutto è lì dentro: cade dall'albero, resta a terra per giorni, la apri ed è ancora fresca". Così dopo una fresca limonata e una carrot cake gustata nel punto ristoro gestito da hippy proprio sopra la fonte, via di nuovo verso l'autostrada. Ci attendeva il Dartmoor, il parco nazionale del Sud della Gran Bretagna. Si capisce subito quando entrate nel parco, almeno se arrivate -come capitava a noi venendo da Tintagel- da Tavistock, città natale del corsaro Francis Drake. 
Superata la cittadina, pochi chilometri e ci siamo trovati circondati... da cavalli allo stato brado. E' stato uno spettacolo così  emozionante nella sua naturalezza da lasciarci stupiti come polli. Chi viene dalla città spesso diventa così ingenuo e impreparato rispetto alle cose più naturali, da lasciarmi sconvolta. Ovverosia: io stessa mi stupisco di me stessa, in un intreccio bizzarro epperò vero e sacrosanto. Comunque, bando alle ciance, ci siamo fermati lì, in mezzo ai cavalli. Il cielo plumbeo e minaccioso non faceva alcuna paura: era l'ambientazione ideale per quella che è la brughiera di Arthur Conan Doyle (di cui avevamo detto alcune cose qui e che nel Dartmoor ambientò Il Mastino dei Baskerville) nonché di Thomas Hardy (nei suoi romanzi la natura è un personaggio vero e proprio, violenta, istintuale, incontenibile. E stando qui si capisce perchè). Il nostro rifugio per la notte è stato il Kilbury Manor, questo delizioso posto qui (distante poco più di 30 minuti da Torquay, città natale di Agatha Christie che nei miei viaggi ho inseguito sino ad Istanbul). Al maniero, con le sue stanze calde e accoglienti, le colazioni della meravigliosa signora Julia soddisferanno anche i palati più esigenti e saranno sufficienti per farvi sentire sazi per almeno 12 ore! Una cena veloce, un po' di lettura in giardino, una doccia caldissima nel bagno bianco e nero e poi via a dormire tra i suoni della natura. Certamente Merlino, magari in compagnia di Dieci piccoli indiani, avrebbe vegliato su di noi.

Tutte le foto di questo articolo (giovane Artù a parte!) sono opera di Riccardo Bianchi.


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