sabato 25 dicembre 2010

Bunker, l'uomo artigiano e il Museo del Novecento



Bunker a Natale mi ricorda chi siamo per davvero.
Bunker è autentico, anche quando rapina un negozio per poche centinaia di dollari. E poi li usa per pagare un motel e una prostituta.

Quest’anno ho cercato di dedicarmi a cose che mi sembrassero autentiche. Sempre. Non vorrei spiegarmi male, non si è trattato di una scelta di realismo, al contrario. Si è trattato di un desiderio di concretezza e artigianalità che sentivo necessario abbracciare. Per mio nonno, ma non solo.

Volare tra le nuvole come fa Totò in Miracolo a Milano, per me è una cosa concreta, reale, autentica. Per me Totò vola per davvero e non ho problemi a dirlo.

Questo per dire, come scrivevo qualche giorno fa, che spesso nel corso di quest’anno e della mia vita (nel 2011 sono 30!) l’immaginazione ha avuto più peso del quotidiano. Gli dei falsi e bugiardi di oggi sono tantissimi, quindi l’unica strada percorribile per scacciarli, per una come me, mi è sembrata quella di tornare alla mitologia greca e agli dei veri. Ecco ecco: ho trovato la frase giusta scritta da uno che sa esprimersi molto meglio di me “Queste cose non accaddero mai, ma esistono sempre” .

Il 2010 è stato un anno all’insegna di voli su scope, letture, scritture, immaginazioni. Nella mia testa son successe cose terribili e meravigliose, apocalittiche e illuminanti. Quelle immagini in movimento mi rivelano un pezzettino di quello che sono e che a volte dimentico di essere. E invece è fondamentale non dimenticarsi di aver dimenticato. Se non si dimentica di aver dimenticato, possiamo sopravvivere e non lasciarci travolgere dall’inessenziale.

Quest’anno ho conosciuto persone, storie, spazi che mi porterò dietro per tutta la vita, che mi hanno colpita, ammaliata, scossa e percossa. E’ con questo spirito che mi preparo alla partenza newyorchese. Pronta ad assorbire l’assorbibile e lasciare che il vento mi travolga.

Come l’altro giorno, a braccia spalancate sotto al neon di Lucio Fontana a godermi la bellezza fresca e conturbante del Museo del Novecento (qui in alto nella foto di Silvia Rizzi). Finalmente.

sabato 4 dicembre 2010

Shoshanna


Questo è stato un anno denso di cinema. Per tante ragioni.
Monicelli innanzitutto. E il suo manifesto di dignità, come lo ha chiamato Ida.
Il lavoro in secondo luogo. Dentro al cinema, dentro allo schermo, dietro allo schermo. Prima del film, ai suo margini, vicino al contorno.
Sfiorare il cinema. Aver voglia di toccarlo. Nella certezza che possa essere “un resistente”, possa essere vendetta anche, come per la Shoshanna di Tarantino.
Il più bell’incendio della storia.

Poi è arrivato Inception.
Lo scrivo e cado dalla sedia. Non so se per passare al livello inferiore o a quello superiore.
“Qual è il parassita più resistente? Un batterio? Un virus? Una tenia intestinale? No, un’idea. Persistente, contagiosa. Una volta che si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla. Un’idea pienamente formata, compresa, si avvinghia qui dentro, da qualche parte”
E allora anche il rogo di Shoshanna potrebbe essere accaduto veramente, potrebbe essere in corso ora, da qualche parte.

Il pericolo è sempre quello di smarrirsi. In mezzo alle storie, in mezzo alle immagini, in mezzo ai sogni.
Sono le cose di cui mi sono sempre nutrita quelle di questo elenco. Più del cibo, più dell’acqua, più dell’aria. Ognuno ha chimicamente la sua aria. Le mie molecole vitali son fatte di quelle sostanze lì e questo rende tutto più pericoloso.
Tina lo sa. Per tutte le notti che è stata con me senza Weston.
Il confine è sempre labile, tra vita e morte, tra verità e immaginazione. Più di quanto immaginiamo.

Ma se una cosa è vera come la finzione, è vera o no?
E in realtà importa che sia vera? Importa etichettarla se tanto non credi in Dio?
Quanto è finto un toro di Picasso rispetto a un toro vero? E allora perché mi piace altrettanto? E perché cercarlo e crearlo se la natura ha già creato il suo originale?

La finzione emana bellezza perché cerca le sue verità. O le rivela.
Io inseguo la bellezza.

E se la curiosità è forma pura di insubordinazione, Lolita diventa il fuoco dei suoi lombi. Se no non sarebbe esistita e non avrebbe dato scandalo. Lo-li-ta.

Forse.