martedì 18 aprile 2017

Decreti napoleonici, badie e calzolai pugliesi

La sera del 26 aprile 1809, non lontano da Alberobello, Giovanna Maria ha le doglie. La quadrisnonna della bisnonna Emilia Caforio, la nonna di mia madre, fa giù e su per la stanza, espira e ispira, ispira e espira, si ferma un momento e riparte. Poi arriva alla finestra e preme le mani sul davanzale e guarda di sotto, alla porta che dà il nome alla sua via, quella che da Noci conduce sino alla Badia di Barsento. 




"Uè Tuminiccu, se tutto va bene portiamo un'offerta alla Madonna stavolta, mi raccumanno!". Suo marito, Angelo Domenico Lippolis, fa sisi con la testa e si concentra sullo stivale che sta riparando da un'ora e passa, mentre il sudore gli cola giù di lato. Questo figlio pare non voler uscire più in questo anno strano che è padre anche di Mendelssohn e Gogol (ma in case molto più sontuose) e che vedrà lo studente Frédéric Staps tentare di pugnalare il Bonaparte. Donato arriverà di qua alle dieci di sera passate, alla luce delle candele, e ancora in fasce sarà un grosso grattacapo per la famiglia tutta: Tuminiccu dovrà presentarsi dal Sindaco a causa sua. Perché sì, proprio da questo 1809 da cui partono tutti i faldoni in cui posso ravanare oggi in digitale, i bimbi si registrano in comune, grazie allo "Stato Civile" voluto da Gioacchino Murat in applicazione del codice napoleonico e dei decreti di pochi mesi prima. Se il padre non andrà, il parrocco non potrà battezzarlo e il fanciullo sarà dannato. 






Nonno la detesta la novella burocrazia, ma tre giorni dopo, alle nove di sera in punto, subito dopo il lavoro, si presenta dal Sindaco e fa tutte cose. Suda più che mai ed è nervoso. In paese è uno dei primi a cui tocca. L'addetto lo riceve, annotta ogni dettaglio e per esecuzione della Legge ne fa "iscrizione nel presente libro" con tanto di indice in alfabetico per nome invece che per cognome (!). Epperò Giovanna e lui son pure fieri, che Donato è uno dei primi a Noci a stare sul "libro" e lo dicono a tutti e ne parlano coi vicini. E per fortuna che è tra i primi perché sennò con Serena Solla 200 anni dopo chissà se saremmo mai riuscite a scovarlo!




domenica 5 marzo 2017

Le anime centenni

Le anime centenni sono le mie preferite. Oggi si concludeva la mostra di Katja Snozzi al Museo Vincenzo Vela, un'esposizione che nasce da un libro bellissimo e che, per vie traverse, mi ha fatto scovare una nuova storia intrecciata tra quelle della mia famiglia. 



Commossa e conquistata da questi volti decennali, in questi giorni mi sono (ri)chiesta come potesse essere quello della trisnonna Emilia. Così, mentre rileggevo l'annotazione della sua nascita nell'anno domini 1854 sull faldone dei battesimi dell'antica parrocchia di Santa Maria Segreta, ho scoperto che la sua madrina era una levatrice. Si chiamava Giuseppina Chiesa, era sposata con un mobiliere e aveva almeno una figlia, Maria, che come lei faceva la levatrice e aveva (guarda un po') fatto nascere nonna. Ma la cosa straordinaria è che nel maggio 1870 Giuseppina Chiesa fu processata da Tribunale di Milano perché rifiutò di dichiarare il luogo di venuta al mondo di un neonato. 



Lo fece per proteggere la madre, in virtù di un segreto professionale che non poteva violare, di un patto di lealtà tra donne cui non si sarebbe sottratta. Trascrive il Monitore dei Tribunali che "la Giuseppa Chiesa stimavasi non solo in facoltà, ma anzi in dovere di sottrarre l'indicazione della casa imperrochè tale casa fosse lo stesso domicilio della madre illegittima". Il Tribunale la multò. Lei però non accettò la cosa. In giugno ricorse in appello, sfidò il Pubblico Ministero e ribadì di aver agito secondo giustizia. Questa volta le diedero retta. 




La corte diede ragione alla donna lavoratrice e respinse le richieste del kafkiano messo comunale. Ascoltata la sentenza, Giuseppa si portò la mano al collo e sorrise. Infilò il capellino e uscì dal palazzone color crema di Piazza Beccaria, là dove adesso sta il comando dei Vigili Urbani. Sarebbe passata a casa, in via Armorari 6, a prendere la borsa. Poi via, di nuovo in strada. Un altro bambino aspettava di essere trascinato al mondo da questa donna tostissima che con la sua testardaggine aveva scritto un pezzo della legislazione italiana. E un pezzo della mia storia.



lunedì 20 febbraio 2017

L'officina di Holt

E poi la sera, dopo il gran correre della giornata, finalmente è tempo di rifugiarsi a Holt. Come fosse una Spoon River dei vivi, come un ritorno a casa dopo un tortuoso viaggiare. Non ha bisogno della punteggiatura normale, Haruf. Lui ti parla nella testa (non urla ne' sussurra, parla come è ormai raro sentir parlare) e reinventa le regole dei dialoghi e dei trattini e delle descrizioni. Tutto il superfluo salta via, rimane solo sostanza (perché il pigiama e lo spazzolino a casa di Addie raccontano tutto ciò che va raccontato). E allora sì, ha ragione Missiroli quando dice che questa è meccanica celeste. Anzi forse proprio un'officina. L'officina di Holt. E la ferramenta di Lewis e la fattoria dei McPheron. Il riscatto degli utensili, mai come oggi così necessario.
NN Editore



domenica 5 febbraio 2017

Ogni dodici mesi, quando l'inverno volge al termine e la primavera si accinge a tornare, un mostro chiamato Nian esce dalla sua tana per cibarsi di giovinetti, proprio come il Minotauro. Nian è un essere pauroso, ma teme il rosso e i draghi e le danze marziali e i rumori forti. Per questo lo si scaccia con tamburi e sfilate, baccano e risate. 




Quando i primi emigranti cinesi arrivarono a Milano, poco dopo la prima guerra mondiale, Nian segui' anche loro e da allora ogni anno il Capodanno è anche qui, profuma di te al gelsomino e incensi e mescola lanterne vermiglie, ombrelli colorati, mandarini benaugurali, bimbi avvolti in impermeabili, biscotti della fortuna, un dolce di riso fatto apposta per l'occasione e grossi ventagli in cartapesta. 





Perché a Nian venga paura e ci lasci in pace per altri 12 mesi. Da qualche giorno sentivo che avevo anche io il mio Nian da scacciare, forse perché questo è l'anno del Gallo e proprio nell'anno del Gallo son nata anche io. Benvenuto Gallo, dunque! Che la buona sorte e i colori sgargianti d'Oriente siano con noi! E Nian se ne torni mesto nella sua tana.