domenica 10 settembre 2023

Giornata della Cultura Ebraica

 Cose che, da non ebrea ma da studentessa di lingua e cultura ebraica, ho amato moltissimo di questa Giornata della Cultura Ebraica

-scoprire la sinagoga di Guastalla (luogo per tante ragioni amatissimo) assieme a Esther Nissim. E imparare che se è poco “decorata” è perché la spinta all’astrazione e alla sintesi e’ la vera rivoluzione dell’ebraismo (mentre il monoteismo esisteva ben da prima, come mostrano le diverse figure induiste che di divinità ne raccontano, nell’essere molteplici, una sola)
-in Italia la comunità ha scelto di cambiare il tema della Giornata. E, invece di parlare di memoria come stanno facendo nel resto d’Europa, ha parlato di bellezza perché ebraismo è molto più della sola Shoah
-ascoltare il Rabbino capo che racconta storielle dal Talmud e non può trattenersi dal ridere di gusto
-il fatto che ospiti speciali di oggi in Sinagoga sono i rappresentati della comunità islamica, perché non può esserci cultura senza fratellanza e differenza “per gareggiare in opere buone”, come spiega la sura V del Corano
-imparare che per “fare sinagoga” bastano una Torah e dieci ebrei, perché sinagoga è comunità e luogo di incontro, nulla di più (ed è cosa immensa)
-il cielo blu in facciata con echi moreschi (unica sezione sopravvissuta dell’antica sinagoga dopo i bombardamenti del ‘43) e le vetrate geniali del newyorchese Roger Selden
-scoprire che, se l’uomo in sinagoga deve indossare la kippah mentre la donna può decidere se coprirsi o meno il capo, è perché quel gesto - di cui l’uomo ha bisogno per riconoscere, in esteriore e in interiore, il divino e per portare lo sguardo alla sua interiorità e spiritualità - quel gesto, dicevamo, la donna lo ha insito in se’ perché la vita del di dentro fa già parte della sua essenza e della sua tensione
-ricevere in dono all’uscita un sacchettino di grano di Gerusalemme in vista di Rosh Hashana, il capodanno ebraico che cade tra pochissimi giorni (grano che ora corro a piantare).





giovedì 24 agosto 2023

Il New York Botanical Garden del Bronx

Il Giardino Botanico del Bronx è uno dei più rilucenti, rigogliosi, curati e amati che io abbia mai esplorato. Venti minuti da Grand Terminal, passando attraverso Harlem e le vie rinominate e dedicate a Martin Luther King e Malcom X, ti catapultano in uno spazio che non ti aspetteresti a così breve distanza dà Manhattan. Qui si trova l’unico degli antichi boschi che un tempo ricoprivano la città, dove i nativi cacciavano, vivevano, crescevano le proprie tribù.



Fondato nel 1891 dai botanici della Columbia University Nathaniel e Elizabeth Britton, il giardino deve a Elizabeth una cura speciale e al tempo inedita per le Native Plants, che lei adorava senza indugiare sul fascino facile di ciò che è esotico e lontano. E pure un’altra donna si è adoperata per il Giardino: Beatrix Ferrand, una delle prime al mondo a diventare architetto paesaggista in un’epoca in cui pochissime donne avevano impieghi tanto prestigiosi e impegnativi (suo anche l’intervento ai giardini della Casa Bianca).


Sui suoi disegni si basa il giardino delle rose (che ne contiene 650 varietà) poco lontano dal bosco delle magnolie e dalle querce più maestose. E poi ecco azalee e ninfee, l’arboretum delle conifere, i cedri, le perenni, le orchidee, i cactus, le palme, le emerocallidi, i lillà, ma pure il basilico, il prezzemolo e la salvia limone.




Per non dire del fatto che il Grocery e i negozietti tutto intorno hanno i prezzi migliori della città e, a due passi da qui, sta la vera Little Italy fatta di connazionali emigrati a New York a inizio Novecento che, ca va sans dire, hanno animato il quartiere di caffè, pizzerie e il nostro tipico baccano.





E siccome al Botanical Garden del Bronx ci siamo veramente sentiti circondati da piante paradisiache e aliene, aggiungo qualche altra foto qui a seguire. Son certa che nelle mattine novembrine milanesi poterle risfogliare equivarrà a una respirazione yogica completa, essi’.
Tutte le reazioni:
Edera Bolognesi, Manuela Piuri e altri 41





venerdì 7 luglio 2023

Nasce il podcast My Travelling Library. In viaggio con Virginia

Quando nel 1908 torna in Toscana con la sorella Vanessa e il cognato Clive, Virginia Woolf porta con sé “my travelling library”, una biblioteca viaggiante zeppa di classici compatti e leggeri. Il viaggio significa per lei anche lettura, in ogni circostanza. Del resto, quando si reca all’estero Virginia entra in uno stato di vigilanza passiva e lascia che i suoni e le immagini straniere le scorrano nella mente. Si comporta come una balena: l’acqua marina le attraversa la bocca e lei inghiotte tutta quella flora e quella fauna che diventeranno poi alimenti per la sua fantasia e la sua arte. Tornata a casa, arriveranno il momento della digestione e, quindi, della creazione. 



Il podcast "My Travelling Library. In viaggio con Virginia"  prende il via da qui. Per raccontare i luoghi e i viaggi attraverso gli scrittori, gli artisti, i filosofi, i personaggi stravaganti che, prima di noi, li hanno attraversati, vissuti, sperimentati. E ingoiati anche, come la balena Virginia. "Il Viaggio di Virginia" è il podcast del progetto "My Travelling Library". 

Ideato e raccontato da Luana Solla. Per seguire My Travelling Library su Instagram: @my_travelling_library.








mercoledì 29 marzo 2023

Helmut Newton a Milano

Pausa pranzo con l’uomo che ci ha insegnato a guardare come guardiamo.

Piacere Mister Helmut Newton. Grazie delle (straordinarie) ipotesi di bellezza. E grazie del nudo, potentemente, elegantemente, sfacciatamente tuo.




Photo: Riccardo Bianchi, Fram Studio



sabato 25 marzo 2023

La Design Week, prima della design week.

 Passeggiare nella Design Week prima che arrivi la Design Week.

Marcovaldo o la primavera in città

Rossana Orlandi, Raw







Photo: Riccardo Bianchi, Fram Studio

mercoledì 22 marzo 2023

Roboante, luccicante Mia Fair

Dorare gli alberi e le cortecce, immobilizzare il colore, liberare memorie, giocare con l’intelligenza creata da altre intelligenze, trasformare in arte chi osserva opere d’arte (che poi mai nulla è più performance che aggirarsi in cantieri in allestimento modello Marina alla ricerca di Ulay). Roboante, luccicante Mia Fair







Photo: Riccardo Bianchi, Fram Studio


giovedì 23 febbraio 2023

Bill Viola a Milano

Era quasi annegato. Aveva sei anni. Lo avrebbe ricordato per sempre. Lo avrebbe raccontato sempre. Con i video e il digitale dagli anni Settanta Bill Viola mostra l’oltre e il di dentro. Gli offre forma, immagine, rumore. Non gli interessa altro. Che guardi al Rinascimento o all’arte sacra, che guardi ai martiri cristiani o al buddismo, alla nascita o alla vecchiaia, Viola scrive il suo libro dei morti tibetano e guida la sua meditazione.




Mi ha sempre colpita, mi ha sempre scossa ma non ho mai capito nulla di lui fino a quando, a fine 2019, nel giro di due mesi ho avuto i miei due morti più difficili. Brutali, dolorosi, eppure, a guardarli a distanza, ancora così normali rispetto a quello che sarebbe accaduto di lì a un semestre dopo. Prima del secondo funerale incappai in un documentario su Sky Arte. E Viola, col suo rigore, mi quietò su tutto. Tutto quello che sentivo, tutto quello che mancava, tutto quello che -forse- sarebbe avvenuto. Bill Viola mi pacificò. Come se avesse capito. Incontrarlo è per me sempre una Visitazione.



Fino al 25 giugno a Palazzo Reale, a Milano

https://www.palazzorealemilano.it/mostre/bill-viola


photo: Riccardo Bianchi, Fram Studio

domenica 19 febbraio 2023

La straordinaria storia di Sally Gabori

 

Questa è la straordinaria storia di Sally Gabori, nativa Kaiadilt cui cercarono di far dimenticare da dove venisse e quale fosse la sua lingua madre. E per un po’, forse, ci riuscirono anche. Salvo che a ottant’anni, in casa di riposo, per la prima volta nella vita Sally mise gli occhi a fessura, prese in mano il pennello, avvicinò la sedia a una tela e tirò fuori tutto quell’io che le risuonava dentro, anzi tutto quel noi e quella memoria che gli avi dei suoi avi le avevano trasmesso.



E quel tutto aveva le tinte del mare, della sabbia, delle reti da pesca e dei vestiti sgargianti. E andava in orizzontale come l’oceano e saliva pure in verticale come gli alberi di acacia. Perché che tu sia un’aborigena che vorrebbero rendere presbiteriana o che tu sia un poeta della Beat Generation che trova le sue radici a Matera e declama poesie a Craco, come John Giorno, arriva un momento in cui (se glielo permetti, se gli lasci uno spiraglio) il luogo da cui vieni, il luogo che sei e che sempre hai conosciuto, torna a farsi manifesto.



Fino al a14 maggio alla Triennale di Milano.






domenica 29 gennaio 2023

Incursioni a Palazzo Pitti: la storia di Elisabeth Chapòin.

Visitare musei all’incontrario. Partire dalla fine, che tutte le altre volte hai osservato con più stanchezza e meno cura, e permettersi il privilegio di cadere in amore con Elisabeth Chaplin, artista francese cresciuta tra poetesse e scultori e pittori e maestri. Infanzia fiorentina di adozione, pennello curioso, profilo alla Tamara de Lempicka, sorelle, fratelli, genitori e Ida, amica d’elezione. Come dice Dede: al Pitti bisognerebbe andare almeno una volta a settimana. Ogni domenica una sala sola, che poi vale come un museo e un mondo intero.

Palazzo Pitti, Firenze.