31 acri.
2000 alberi.
1300 specie botaniche tra quelle locali e quelle provenienti da America, Australia, Nuova Zelanda, Cina e Sudafrica.
600 specie di camelie.
Acqua termale tra i 36 e i 42 gradi.
I numeri non mi affascinano quasi mai, ma quelli del Parco di Terra Nostra rappresentano esattamente il capogiro che si prova nel perdersi in questo giardino immenso che mescola i verdi lucenti e tutti diversi di palme, bambù, querce, muschi e salici, l’arancione delle acque termali ricche di minerali, i rossastri di azalee, rododendri e camelie, i bruni dei tronchi. L’origine di tutto fu nel 1775 con Thomas Hickling, commerciante di Boston e console onorario degli Stati Uniti che sposò in seconde nozze una giovane di Philadelphia, Sarah Faulder, arrivata a Sao Miguel dopo un naufragio. Abbacinato dalla bellezza trascendente delle Azzorre, dopo la prima visita imposta dal padre, Hickling era infatti voluto tornare per creare qui il suo personale hermitage. Ma con una notarella molto poco usuale per l’epoca: che il giardino e le sue vasche (al tempo destinate a navigazione e pesca di piacere) fossero aperti a tutti. Non solo signorotti riccamente vestiti, insomma, ma anche contadini, popolani, allevatori di Furnas e dintorni. Le persone arrivarono a frotte. Molte più di quante Hickling si aspettasse. E questa notarella rimase in auge anche nei passaggi di proprietà successivi, perché il paradiso in terra che Hickling prima, i Visconti di Praia poi e la famiglia Bensaude dal Novecento a oggi contribuirono a realizzare e’ - pure ora - aperto a tutti. Noi lo abbiamo esplorato in una giornata di pioggia torrenziale. E -torrenzialmente- ci ha fatti innamorare.