lunedì 7 aprile 2025

Grassi, grossi segreti della Design Week

 Un altro dei grassi, grossi segreti della Design Week è che permette di accedere a palazzi, sagrestie, appartamenti che -normalmente- sarebbero preclusi a noi umani.

Così, dagli scampoli della giornata di oggi, mi porto a casa:
-l’ingresso e il giardino sul retro di Palazzo Castiglioni col suo Liberty dirompente e il suo allestimento spagnoleggiante
-le linee pulite della chiesa anglicana di Tutti i Santi in dialogo con il design essenziale di Bodo Sperlein (che al momento è il designer più gentile e sorridente che abbia conosciuto quest’anno)
-l’eleganza abbacinante di Palazzo Donizetti che si dischiude oltre un portone che sembrerebbe poco roboante (ma sarebbe un errore pensarlo!)
-la sagrestia della Chiesa del Carmine invasa dal profumo del cedro antico e dal lavorio di fumi e fragranze australiane di Aesop
-le tappezzerie di Cesare Correnti 15 (si torna li’ ogni anno anche solo per loro e per quei vetri blu che più blu sarebbe duro immaginarli)
-Palazzo Bovara che si fa alchemico (ma quando ti affacci alle finestre i giardini lì fuori non hanno eguali quanto ad alchimia)
-le tante anime di Antonio Marras, che fa ogni volta del suo “Nonostante” una storia sarda che pizzica corde che risuonano
-bonus track: oggi in Statale c’erano un sacco di spighe di grano e fiori. E quel circo caotico, grazie e loro, mi è piaciuto -confesso- un po’ più del solito.








domenica 6 aprile 2025

Fioriture alla Design Week 2025

 La mia lista di cose belle per iniziare questa settimana del design qui.

-I fiori che sbocciano in ogni materiali e gli alberi caduti che riprendono vita da @rossana_orlandi Orlandi



-Byoung Cho che ci fa camminare scalzi su una piattaforma di terra rossa nel cortile di Palazzo Litta e ci ricorda -ahimè serve- che “Nessuno possiede la Terra” e che sarebbe sciocco pensarlo
- @6am_glass che apre gli antichi bagni pubblici della Piscina Cozzi e racconta l’audacia, il mistero, il misticismo anche delle antiche e nuove fornaci del vetro
-il marmo, il metallo liquido, i fiori di carta dal cielo di @bagnara.truestones
-la Library of light all’Accademia di Brera
-la Corea del Sud che racconta la sua storia attraverso la sua modernità e mi stupisce sempre per la cura che ci mette (che fa impallidire il nostro “occuparci di dettagli”)
-i tessuti di luce di @lcdtextile nella Sala degli Specchi di Palazzo Litta
- @studio_forward col suo calore e ardore palermitano (e ci sembra di conoscerci da sempre. Bisogna andare assolutamente a trovarli)
-Yong Nam Kim che ricompone la tradizione degli armadi coreani attraverso lo sguardo del vetro e del vuoto che si apre al silenzio
-gli Orizzonti di @zanellatobortotto che riescono a cucire connessioni tra libri raffinati e una casa che spazia tra le nebbie della laguna veneta, gli intrecci dei tessuti sardi e le dune della Namibia
-i piatti che si tingono di luce di @habits_design (e paiono haiku) da @superstudio.events
-Homoka e Aqua Clara che la plastica la trasformano in qualcosa di scintillante come gioielli acquatici



-la maschera di bellezza (ovviamente coreana) che ci concediamo dopo queste 10 ore e 22 mila passi di design a Milano (e pare bava di lumaca, ma assicuro che non lo è perché è vegana)





Robert Wilson, la Pietà Rondanini e l'arte del silenzio

Se dovessi scegliere una sola delle meraviglie viste oggi, sceglierei questa qui. Che, guarda un po’, si apre in pieno buio. Perché, per farti guardare per davvero la Pietà Rondanini, Robert Wilson spegne radicalmente la luce. E poi la riaccende, piano piano, linea dopo linea, ed eccola qui l’anima di Michelangelo, sulle note dello Stabat Mater di Arvo Pärt. Lei, la madre, lo prende, il figlio, lo tira su. E, così è parso a me, eccolo che risorge. Eccolo che si rifà carne e rosso sangue ed ecco che infine la luce si spegne di nuovo e lui va via e resta il marmo, materia in cui qualcosa è passato, in cui qualcosa è vissuto. Un’esperienza che abiterò ancora a lungo. Con anche una domanda (più futile rispetto a quella della risurrezione, o forse no): da quanto tempo non stavo zitta e buona a guardare, al buio, una singola opera d’arte? Grazie Robert Wilson per riportarmi a vedere le cose. Partendo dal buio.

(Le foto così come i telefoni non sono ammessi, e questa cosa è bellissima. Ecco quindi due scatti ufficiali ©Archivio Change Performing Arts che ringrazio)




domenica 23 marzo 2025

Soul Festival, edizione 2025 ovvero il mio festival preferito in città

Da questo dirompente, commovente, spiritualissimo e concretissimo Milano Soul Festival mi porto a casa un’infinità di meraviglie e scoperte
•⁠ ⁠Cenare nel silenzio e usare solo i gesti al refettorio ambrosiano scatena gesti che non sapevamo di conoscere né di possedere
•⁠ ⁠Milano è luogo di cultura, design, arte, moda, ma ha anche bisogno di altro. Ha un bisogno estremo di quella spiritualità che fa parte del suo DNA, come ricorda Elena Beccalli, magnifico rettore dell’Università Cattolica, che è donna dal coraggio, la determinazione, l’intelligenza luminosa.
•⁠ ⁠David Grossman è uno degli esseri più essenziali, equanimi, profondi e immaginifici che abitino oggi sul pianeta terra (e Noseda è la voce italiana migliore che potesse incrociare)
•⁠ ⁠È passato il tempo delle cose nuove, ora è quello delle cose giuste, quelle che tutelano l’altro e creano fiducia
•⁠ ⁠Il Cardinale e Poeta José Tolentino de Mendoza è il maestro che ognuno di noi vorrebbe incontrare sulla sua via. E sorride in un modo che non vedevo da tempo
•⁠ ⁠La meditazione non è fuga dal mondo ma comprensione del mondo e delle sue vite. E lo si intuisce ancora di più se si ascoltano Raga indiani meravigliosi nella sacrestia di Santa Maria delle Grazie
La trama dell’oggi è la trama del noi, perché l’io in solitudine è destinato al fallimento. Ed è giunto il momento di rendersene conto dopo una bulimia di ego che ha preso a soffocarci
•⁠ ⁠Il vicario apostolico dell’Arabia Meridionale Paolo Martinelli, il docente di teologia islamica Adnane Mokrani, il rabbino David Sciunnach insieme sul palco del Salone d’Onore della Triennale sono mattoni di costruzioni nuove. E ancor più è mattone l’applauso al pensiero di Mokrani, per cui non esisterà pace finché non esisterà un’associazione interreligiosa dei diritti umani che renda realtà inconfutabile il concetto per cui nessuna vita vale più di un’altra. Mai, in nessuna circostanza
•⁠ ⁠Ad Abu Dhabi esiste un progetto architettonico unico al mondo firmato da David Adjaye. La Abrahamic Family House raccoglie in uno spazio comune una sinagoga, una moschea, una chiesa: ognuno col suo edificio, ognuno con le sue differenze. Ma ci si ritrova nella piazza e nel giardino, ogni giorno insieme perché una fede non esiste se non si riconosce l’altra. Come era (e come prima o poi sarà ancora) a Gerusalemme
•⁠ ⁠Stringere la mano al prof. Adnane Mokrani trasmette senso e fa svoltare qualunque domenica di pioggia
•⁠ ⁠Se ci abituiamo a lasciare andare, la vecchiaia è una bellissima, esuberante scoperta
•⁠ ⁠Non trovi il sublime se lo cerchi. Lo trovi se hai fortuna. E la fortuna è una finestra lasciata aperta sulla soglia del tuo cuore, come racconta Maia Cornacchia riecheggiando Krishnamurti e il suo peso rivoluzionario sulle generazioni del ’68 (lui che disse che non dobbiamo avere maestri, nemmeno in noi stessi)
•⁠ ⁠Nicola Lagioia in San Nazaro in Brolo fa riecheggiare Macbeth, Shakespeare, Ungaretti, Svevo, Conrad, Tolstoj e gli altri. E ci ricorda e regala, in stato di grazia e veracità, il potere taumaturgico della letteratura
•⁠ ⁠Arnoldo Mosca Mondadori assieme ai carcerati trasforma in violini i legni delle navi in fuga nel Mediterraneo e ridà voce e vita ai migranti (anche grazie al tocco talentuoso di Issei Watanabe)
•⁠ ⁠Il monaco zen Fausto Tairen Guareschi ha avuto per maestro d’elezione il presbitero e intellettuale Ernesto Balducci, che non conoscevo e di cui – dopo una manciata di ricerche – non ci si può non innamorare
Grazie Milano Soul Festival per rendere Milano un posto migliore



mercoledì 1 gennaio 2025

Parco Terra Nostra, Azzorre

31 acri.

2000 alberi.

1300 specie botaniche tra quelle locali e quelle provenienti da America, Australia, Nuova Zelanda, Cina e Sudafrica.

600 specie di camelie.

Acqua termale tra i 36 e i 42 gradi.

I numeri non mi affascinano quasi mai, ma quelli del Parco di Terra Nostra rappresentano esattamente il capogiro che si prova nel perdersi in questo giardino immenso che mescola i verdi lucenti e tutti diversi di palme, bambù, querce, muschi e salici, l’arancione delle acque termali ricche di minerali, i rossastri di azalee, rododendri e camelie, i bruni dei tronchi. L’origine di tutto fu nel 1775 con Thomas Hickling, commerciante di Boston e console onorario degli Stati Uniti che sposò in seconde nozze una giovane di Philadelphia, Sarah Faulder, arrivata a Sao Miguel dopo un naufragio. Abbacinato dalla bellezza trascendente delle Azzorre, dopo la prima visita imposta dal padre, Hickling era infatti voluto tornare per creare qui il suo personale hermitage. Ma con una notarella molto poco usuale per l’epoca: che il giardino e le sue vasche (al tempo destinate a navigazione e pesca di piacere) fossero aperti a tutti. Non solo signorotti riccamente vestiti, insomma, ma anche contadini, popolani, allevatori di Furnas e dintorni. Le persone arrivarono a frotte. Molte più di quante Hickling si aspettasse. E questa notarella rimase in auge anche nei passaggi di proprietà successivi, perché il paradiso in terra che Hickling prima, i Visconti di Praia poi e la famiglia Bensaude dal Novecento a oggi contribuirono a realizzare e’ - pure ora - aperto a tutti. Noi lo abbiamo esplorato in una giornata di pioggia torrenziale. E -torrenzialmente- ci ha fatti innamorare.