domenica 17 agosto 2025

I cervi selvatici del parco di Dublino

Il primo giorno a Dublino siamo passati al Phoenix Park a cercare i cervi, ma senza successo. L’ultimo giorno ci siamo fermati per caso per una sosta (leggi: pisolino della sottoscritta mentre Rj esplorava la zona). E quando di improvviso ho aperto gli occhi come per un sentore, eccoli lì i 600 cervi selvatici di Dublino, molti dei quali orgogliosi discendenti di cervi che correvano in questa riserva naturale già nel 1600. Quasi quasi ci sarebbe da creare anche il loro di albero genealogico!






venerdì 15 agosto 2025

Maddalene d'Irlanda

Quando uscì “Magdalene” di Peter Mullan, andai al cinema a vederlo con Lorella, collega libraia alla Feltrinelli di via Manzoni. Erano sempre gli anni dell’università e anche degli esami di cinema, ma miglior insegnante di Lorella per quanto riguardava i film non avrei potuto trovarla. Lei vedeva praticamente tutto quanto passava ai festival, soprattutto in lingua originale, e aveva una passione per Ken Loach e una per ’Irlanda. Quella sera uscii dalla sala terrorizzata. “Magdalene” narra, con decenni di ritardo, la storia delle donne irlandesi “perdute” e recluse, cui vennero sottratti i figli e cui fu elargito in cambio un carico di vergogna, dolore, violenza. Le Magdalene Sisters sono un’altra delle ferite di questo paese, meno evidente a un primo sguardo - e forse anche per questo ancor più profonda e radicata - costantemente all’onor di cronaca, perché sepolture che riguardano le Magdalene e i loro bambini fanno periodicamente capolino sui media. Una di quelle ferite per cui è difficile immaginare medicamenti, se non la ribellione - come quella di Edna O’Brien, delle sue irrefrenabili e ironiche “Ragazze di campagna” e di tutte le donne irlandesi che dell’oppressione cattolica si sono, con fatica, determinazione, coraggio, definitamente liberate. Liberate tenendosi però a stretti denti l’essenza di uno spirituale femminile evidente e potente, come quello di Santa Brigida, che prima che cristiana era la dea madre Brigid, celtica fino al midollo, quasi come la croce che porta il suo nome. In gaelico la preghiera per lei fa più o meno così “A Naomh Bríd a Mhuire na nGael, scar orainn do bhrat” - che sarebbe qualcosa come “Oh Brigid, Mary of the Gael. Spread your mantle over me, where ’ere I am, where ’ere I be”.






La Rocca di Cashel





La Rocca di Cashel, ovvero dove la conversione degli antichi celti a opera di San Patrizio ebbe inizio. Ma forse, nel caso dell’Irlanda, fu più una commistione di fedi e tradizioni. Un po’ come la croce celtica.


 

giovedì 14 agosto 2025

I cavalli irlandesi dell'Irish National Stud & Gardens

Dopo essere stato di guarnigione in India, dove aveva studiato il buddismo e le filosofie orientali e si era avvicinato all’astrologia, a inizio Novecento il Barone William Hall Walker penso’ di trasferirsi in Irlanda del sud e aprire un maneggio sui generis poco lontano da Kildare, la città di Santa Brigida. Qui ai puledri veniva letto l’oroscopo e ogni decisione veniva presa in base ai suggerimenti delle stelle, nessuna eccezione, nemmeno per i cavalli campioni. Oggi quel luogo è uno degli allevamenti più importanti al mondo (pur avendo rinunciato all’oroscopo equino) e rappresenta le scuderie nazionali del paese, coi suoi paddock sterminati, i box accoglienti e persino un giardino giapponese che pure rientrava nelle passioni sfrenate dell’eccentrico Sir. A cavallo sono andata solo due volte, da ragazzina, tagliandomi tutte le nocche tanto tenevo strette le redini. Ma la bellezza di queste creature qui oggi mi ha fatta sentire proprio la ragazza (polpetta) che sussurrava ai cavalli (irlandesi).










Pellegrini a Glendalough

Oggi abbiamo percorso un pezzo del sentiero di San Kevin, rampollo di nobili origini che lasciò tutto, si fece eremita e venne a stare a Glendalough, in gaelico “la valle tra i due laghi”, cui la tradizione vuole che lo condusse un angelo. Qui fu raggiunto da altri monaci e la sua storia, tra corvi, falchi, cervi e dialoghi in natura, ricorda un po’ quella del nostro Francesco. I resti del sito monastico sono nel bel mezzo del Wicklow Mountains National Park e mostrano ancora una volta come questi religiosi sapessero scovare luoghi già di per sé mistici aggiungendovi la loro fede e lasciando che vi si espandesse a pieno giro. Tra le cose che mi sono annotata:

-tutte queste tombe e croci stanno (e stavano) nel mezzo della vita dei monasteri che stiamo esplorando. Non cimiteri a lato della chiesa madre, ma monaci che -seppure in altre forme- tutto sommato rimanevano coi loro compagni, che per spostarsi da un lato all’altro ogni giorno li incrociavano, ogni giorno li “vedevano”
-i resti della Refeert church, sorta lì dove un tempo si trovavano probabilmente antiche sepolture precristiane. In una nicchia sul muro, c’è un piccolo altarino con offerte dei pellegrini di oggi, noi inclusi, in una linea temporale che supera le religioni storiche che conosciamo
-la croce di Jane Byrne - morta nel 1873 eppure c’è una corona di fiori secchi sulla sommità a omaggiarla
-siccome qui spirituale e misterico permangono, i monaci consigliavano e consigliano ai pellegrini di dormire in zona per assorbire il buono che da queste parti si genera e resiste (nonostante gli assalti vichinghi, quelli inglesi e il resto). Il loro eremo non aveva posti liberi quando li avevo contattati, ma abbiamo trovato a pochi km una casa nel bosco. Stanotte saremo qui. Vi sapremo dire domani come sono andate le cose (dimenticavo: arrivando ci ha accolti un enorme falco pellegrino. Non lo avevo mai visto e la mia anima falconiera, io che però dagli uccelli son pure terrorizzata, se ne andrà comunque a letto felice).








mercoledì 13 agosto 2025

Irlanda: persone apparizioni

 Tra le persone apparizione di questo viaggio, porterò sicuramente a casa:

-Rosemary, isolana delle Aran Island che ha ereditato dai suoi avi di fine Settecento l’arte della lavorazione della lana da cui discende il maglione blu petrolio che viene con me in Italia. Rosemary ha ricostruito la storia di suo padre e di sua nonna, risalendo su su e conservando la ruota della bisnonna (nella tasca del maglione, mi sono accorta rientrata sulla terraferma, c’era una chiave, così ho contattato Rosemary e per fortuna era un doppione ma insomma mi è sembrata cosa un po’ fatata e mi ha ricordato la chiave della signora Milu’)
-Mick Langan, una delle tre guide residenti a Skellig Michael. Mick è come un guardiano del faro-profeta e sprigiona saggezza: ci ha accolti all’arrivo sull’isola raccomandandosi di tornare alla base sani, interi, felici. In parole spicce, prima di lasciarci salire lungo il sentiero bordo scogliera si è raccomandato di non fare sciocchezze, non essere intrepidi, non spingerci oltre e, semplicemente, di non morire. Perché, ha detto, non è importante dove si arriva e cosa si fa ma l’essere consapevoli del dove si è e cosa si ha (invece di ciò che non si ha). Lo diceva perché in diversi tentano di arrivare in cima facendosi male, scivolando o tralasciando i segni del corpo quando l’aria dell’Atlantico dà alla testa e fa venire le vertigini: “La scorsa settimana qui non è sbarcato nessuno causa maltempo. Sentitevi fortunati ad esssere qui ora, anche riusciste a salire uno soltanto di questi gradini. Voi oggi siete a Skellig”. Fotografo esploratore di Artico, Groenlandia, Tibet, Canada, Mick ci ha messo oltre 10 anni a vincere l’application che gli ha permesso di abitare qui. Solo lui e due colleghe, per pochi mesi all’anno, con la compagnia saltuaria degli operatori dell’Office of Public Work, che l’altro giorno sono sbarcati poco dopo di noi con tutte le loro attrezzature per verificare lo stato del sito, delle pietre, delle pavimentazioni. Una vita a parte, in mezzo all’Oceano, al grado zero delle cose e all’essenza ripulita di tutto
-Michael, isolano delle Aran che col suo piccolo pullmino invece che indicarci solo le mete classiche lungo la via ha fatto piccole deviazioni dai vicini per vedere il cavallino appena nato del cugino e mostrarci la scuola dove vanno i pochi bimbi di Inshimore -il giardiniere che io non ho incontrato ma Ric si’ e gli ha fatto i complimenti per il parco magnifico in cui siamo rimasti tre notti e lui, con la sua barba lunga e la pompa dell’acqua in spalla, ha risposto: “macché, tutto merito della natura qui”
-Willie e Trish, skipper e capitano della Skellig Falcon, barca del mio cuore. Lui: per tutta la traversata ha tirato corde, controllato la via, offerto (al ritorno) lecca lecca colorati rigeneranti dopo la lunga salita. Lei: mi ha fatta saltare su e giù dalla barca per lo sbarco e imbarco da brivido e ha seguito delfini tra le onde
-il ranger che al Killarney si è fermato per dirci da che parte guardare perché di lì a breve le aquile avrebbero volato alto sopra le nostre teste









Irish Botanical Pattern

Degli Irish Botanical Pattern.









Il Claddagh Ring, l'anello più famoso d'Irlanda

 E infine, dopo tanto averlo guardato in queste settimane e aver sempre esitato, eccomi conquistata dal Claddagh Ring. La storia di questo anello, come tutte quelle irlandesi, si mescola a incertezze, magie e leggende e in questi caso anche a ritorni a casa, come quello del XVII secolo di Richard Joyce, rapito dai pirati mentre viaggiava con la Compagnia delle Indie, divenuto schiavo di un ricco orafo arabo e infine tornato a Galway dall’amata per cui creò l’anello più celebre di tutta Irlanda. Posizionato per il diritto, indica il fidanzamento o il matrimonio, ma in generale con le mani, il cuore e la corona racconta di come in una vita contino tre cose - anche molto irlandesi: l’amicizia, la lealtà e l’amore. E insomma, questo era l’anno giusto per un anello così. Che ora stazionerà accanto alla mia “fede” -dono di amica e testimone- e sempre mi ricorderà l’Irlanda e ancor più le Isole Aran e il Connemara dove pare fosse particolarmente utilizzato e tramandato di generazione in generazione (come la lavorazione della lana, insomma).






martedì 12 agosto 2025

Boschi nativi irlandesi

 Andar per boschi nativi irlandesi.








Il tasso di Muckross Abbey

Nella storia d’Irlanda gli eroi sono numerosi ma probabilmente i monaci detengono la più alta risoluzione di eroismo e umanità in circolazione. Tra loro ci sono i francescani che nel 1400 fondarono Muckross Abbey, un posto struggente che oggi viene descritto dalle guide del Killarney National Park come “abbazia in rovina e senza tetto” e invece si presenta come un luogo di culto intenso e pervasivo oltre che spazio di sepoltura e poesia eterna di cantori gaelici del XVIII secolo (quando siamo arrivati si sentivano canti gregoriani in sottofondo, tanto che ho subito pensato di aver preso un colpo di sole, ma da qualche parte invece una cassa doveva diffondere la musica perché la sentiva anche Rj- in alternativa ho pensato anche a due colpi di sole congiunti, ma sarebbero stati un po’ improbabili). Comunque, i francescani resistettero a infinite persecuzioni e devastazioni e sempre tornarono (come i monaci di Skellig Michael) e ancor più resistette il tasso al centro del chiostro, che pare infine il vero divino signore pluricentenario di questo avello di preghiera. Alcuni dicono che nacque col monastero, altri persino che il monastero gli venne costruito intorno. E, come spesso qui in Irlanda, la storia e la leggenda si fondono in modo inseparabile tanto da non riuscire a distinguerle per bene. In questi casi uso il metodo che mi ha suggerito oggi Rj: quando entri nei posti bui dopo che sei stata tanto alla luce e gli occhi non distinguono bene, cerca gli angoli e parti da lì per orientarti.












lunedì 11 agosto 2025

Ard na Sidhe - sulla collina delle fate

A questo viaggio irlandese il regalo di matrimonio di due zie del cuore ha aggiunto la tappa nella dimora di Lady Edith Gordon, dama inglese con ascendenze celtiche -nonché giardiniera e scrittrice- che nel 1913 fece costruire sul Lago Carach la sua “Ard na Sidhe”, che in gaelico significa Collina delle fate. Le maestranze scelte furono quelle locali e l’architetto (da lei accuratamente indirizzato perché nei suoi gusti era donna assai decisa) si ispirò alle cattedrali gotiche irlandesi, prediligendo materiali di qui abbinati al gusto Art & Craft di William Morris. La casa è sorprendente e pure la dependance in cui dormiamo, ma ancor di più impressiona l’immenso giardino di 32 acri, che Edith ideò in buona parte personalmente. Appena arrivati, Ric ci ha incontrato dentro un cerbiatto (che si è spaventato e si è tuffato subito nel lago per trovare lidi più quieti). E poi ci sono il bosco di bambù, il piccolo molo sul lago, il frutteto, il percorso tra i faggi, i fiori, le panchine dove non te le aspetti. E insomma pare di essere pari pari in una Downton Abbey irlandese. Domani si riparte, ma per oggi mi godo la tenuta fingendomi la mia eroina, lady Violet Crawley (alias Maggie Smith). E se riesco sperimento anche la chaise longue!