domenica 18 agosto 2024
Le Svalbard e il nord, o della gioia dell'essere smentita
sabato 17 agosto 2024
Arles: une histoire d'amour
Dalla manciata di giorni di agosto ad Arles ci portiamo via:
venerdì 16 agosto 2024
Mary Ellen Mark e Ward 81 a Rencontres d'Arles
Nell’antico ospedale di Arles, quello che ospito’ Van Gogh dopo l’orecchio e che col tempo è diventato lui stesso il ritratto dei dipinti in cui Vincent lo mostrò durante la degenza. Qui Rencontres d'Arles ha allestito anche la seconda parte dell’omaggio a Mary Ellen Mark e al suo lavoro sul reparto 81 dell’ospedale psichiatrico dello stato dell’Oregon, a Salem. Era il 1976. In Italia, grazie allo scatto di Mauro Vallinotto per l’Espresso, da poco avevamo visto le immagini di Villa Azzurra, manicomio per bambini. Di lì a due anni sarebbe arrivata la legge Basaglia, all’epoca la più avanzata del mondo. Mary Ellen Mark considerò sempre Ward 81 uno dei suoi lavori più importanti (e la mia eroina femminista Gloria Steinem, che pure vedete qui ritratta da Mary, non sarebbe stata più d’accordo).
Rencontres d'Arles: Sophie Calle, Fukishima, Stephen Dock, la regina Mary Ellen Mark
Frammenti di Rencontres d'Arles:
giovedì 15 agosto 2024
Il Luma di Arles
Fenomenale Luma con torre di Gehry. Undici anni fa questa meraviglia ancora non c’era e oggi ci ha avviluppati tra temperature texane fuori (e Judy Chicago ci stava una meraviglia) e polarità da far indossare l’impermeabile dentro (per Kentridge e Metzger, che ci hanno ammaliati). Che poi creare un parco urbano dove cactus, piante perenni e aromatiche son protagoniste e’ di una bellitudine profumata rara.
Rencontres d'Arles: Ishiuchi Miyako, Cristina De Middel, il rito della Petanque, i fiumi di Floc’h, il corpo di Katayama Mari, la signora con le mimose di Vasantha Yogananthan
Tre le cose notevoli delle prime esplorazioni di questa festa del guardare che è Rencontres d’Arles:
mercoledì 14 agosto 2024
Rencontres d'Arles: l'opera "vegetale" di Marine Lanier
Il Jardin du Lautaret si trova a duemila metri di altitudine di fronte al ghiacciaio della Meije. Conserva varietà di piante di continenti diversi, da quelle delle montagne rocciose a quelle artiche passando per il Giappone, la Patagonia e l’Himalaya. Il lavoro di Marine Lanier al Jardin d'Eté di Arles, che ha seguito lassù botanici e ricercatori, si orienta nella direzione di quanto l’immaginazione può fare a contatto con queste miniere di piante, soprattutto quando entra in collisione con storie come quelle di Annibale che le Alpi le attraverso’ e vide verdi diversi da quelli che noi vediamo oggi. E insomma serie del Jardin di Hannibal di Lanier è la mostra che oggi mi riporta dall’artico (che ancora devo molto elaborare) al continente infuocato di un caldo anomalo e tremendo da digerire. Ma pure ai Rencontres d'Arles, amore del cuore e felicità dello spirito (e del palato).
domenica 11 agosto 2024
La tenda rossa: Nobile, Amundsen, Ugo Lago e gli altri
La tenda rossa per me è la tenda della mia amica Tiziana, che su questa cosa studia e lavora da un pezzo. Quassù la tenda però è una metafora, un pezzo di storia artica, una sconfitta e un limite che si son fatte leggenda. Ma le storie laterali legate al dirigibile Italia guidato da Nobile (che si schiantò dopo aver raggiunto il polo nord nel maggio del 1928), son quelle che in questo caso - o forse come sempre - mi hanno asserragliata di più.
Perché se alla ricerca di Nobile e della cagnetta Titina son partite sette nazioni, prima tra tutte la Norvegia del nemico/amico Amundsen, nessuno mai si mise sulle tracce di quella metà di dirigibile (quella del pallone/involucro per intenderci) che era volata via con a bordo sei persone. Tra i sei c’era anche un giornalista siciliano, Ugo Lago, che come mostra un documento esposto al Polar Museum di Longyear non era stato assicurato (e la sua testata, il Popolo d’Italia, protestava per questo). Insomma, se Nobile andava riportato a casa a ogni costo perché il premio assicurativo da pagare se no sarebbe stato una catastrofe, per gli altri naufraghi del cielo artico ci furono ben altri trattamenti.
Ugo, tra le altre cose si premurava pare di far mangiar bene i compagni e di non perdersi un dettaglio di quella agognata spedizione. Era un romantico, come racconta la lettera che indirizzò ai genitori e a Dora (sua moglie forse? La fidanzata? La sorella?) e il suo viaggio al nord era sulle tracce dei grandi esploratori e delle storie che portavano con se’. Ugo era amico di D’annunzio, Trilussa, Petrolini, Marinetti. Il suo posto sul dirigibile lo aveva “vinto” giocandoselo a testa e croce col giornalista del Corriere Cesco Tommaselli, qui e lì erroneamente segnalato come presente sull’Italia e sopravvissuto alla tragedia, ma così non fu: Cesco sul dirigibile non era proprio presente per scelta di Nobile che per alleggerire il carico all’ultimo concesse il posto a un unico reporter. Insomma, la storia della tenda dipinta di rosso con fiale di fucsina (utilizzata al tempo come una sorta di altimetro sulla base dei minuti di caduta sul suolo candido) ha infiniti rigagnoli ancora tutti da scavare. E molte cose il pack artico probabilmente le deve ancora rivelare. Nascoste nel permafrost, come ci ha insegnato pure True Detective.
L'immenso deposito di semi delle Svalbard
Un immenso deposito di semi in un luogo tra i più remoti del pianeta (che il permafrost ha reso lo storage perfetto). Questo rettangolino bianco argento fotografato da Ric si trova poco lontano dall’aeroporto di Longyearbayen ed è diventato il più famoso tra i depositi. Perché al suo interno ospita semi provenienti da tutto il pianeta. Mentre scrivo lo Svalbard Global Seed Vault ne accoglie esattamente 1,301,397
sabato 10 agosto 2024
Le pioniere delle Svalbard
Storie di pioniere su alle Svalbard se ne trovano moltissime. Non solo i musei, come da indicazioni dell’Icom, ma anche negozi e ristoranti e segnaletica stradale ne raccontano pezzetti. Per non scordarle, me ne sono annotati alcune:
I volti delle Svalbard al Nordover
I volti delle Svalbard raccontate da tre generazioni. Per la mostra del Nordover, che fa parte dei musei d’arte del nord, Eva Grøndal ha recuperato migliaia di fotografie dei genitori Herta e Leif Grøndal, scattate dagli anni ‘50 agli anni ‘90 tra i minatori delle isole e le ha riportate a vita tornando in quei luoghi e tra quelle genti per guardarli di nuovo e rifotografarli daccapo. Accompagna la visione la musica creata dalla terza generazione, quella della figlia di Eva, Aggie, che ha composto i suoi brani intrecciando e registrando i rumori e i suoni naturali e umani di Longyearbyen, Pyramiden e dintorni.
giovedì 8 agosto 2024
Pyramiden, l'utopia socialista alle Svalbard
Nell’utopia artica di Pyramiden. Per l’esplorazione nell’antica città di minatori russi, son partita convinta di trovarci un sacco di storie di fatica e lavoro. E infatti ci sono entrambi. Eppero’, illuminata dalla giornata tersa, dal ghiacciaio azzurro che la fa risplendere a vita e dalla cura impressionante con cui è stata costruita, Pyramiden racconta pure un’altra storia.
Una storia proprio diversa. Quella di un’utopia socialista che ha tentato, nel luogo più remoto tra le terre abitate, di costruire una città sogno dove lavorare, certo, ma pure vivere in comunità, organizzare gare di nuoto, andare al cinema, assistere a spettacoli teatrali, frequentare il centro culturale, giocare a basket, fare politica, dedicarsi all’arte, pranzare e cenare tutti insieme in sale finemente decorare.
Era così che i minatori si convincevano a lasciare la Russia e trasferirsi qui con le proprie famiglie. Si trasferivano in un simbolo, traslocavano nell’ideale di qualcosa che in Russia non pareva ancora realizzabile. Loro pure, pare dalle tante fotografie del tempo, a questo sogno credevano. Ora quasi tutto è in abbandono, anche se Igor, la nostra guida, ci spiega che qui vivono ancora 25 persone e hanno un piccolo albergo, una caffetteria, Internet, il loro quotidiano (“la nostra non è una città fantasma e non è in tende che viviamo”, ci tiene a dire mentre a spalla tiene il fucile perché anche qui siamo fuori dalla safe zone e gli orsi bianchi abbondano e spesse volte scendono a far incetta di provviste). Pyramiden è luogo russo. Per questo la Norvegia ha valutato un boicottaggio soft dall’inizio della guerra. Ma gli operatori di Longeryearbayen lo han rifiutato e hanno ribadito che quassù, siano russi, norvegesi o quel che sia, le nazioni stanno quasi a zero visto che di fronte all’artico c’è una fratellanza in sopravvivenza che, per forza di cose e senza troppa retorica, i confini li deve inevitabilmente sfondare. Duemila anime in totale, 50 diverse nazionalità. Se arrivi qui, la tua scelta è già estrema di suo. E, come ci indica Igor (orgoglioso mi pare, anche se non può dirlo) lassù sulla montagna in tempi sovietici si scrisse la parola “pace” che ancora troneggia. Rivoluzione oggi, sembra suggerire Igor, si può dire solo così.