mercoledì 7 agosto 2024

L'arrivo alle isole Svalbard, mai più a nord di così

 Isole Svalbard.

Quassù arrivare - con l’aereo che all’inizio non riesce ad atterrare per le troppe nubi e torna su -ma poi è buona la seconda e torniamo tutti a respirare. Forse qui si coglie il sentore di quello che dovevano provare i pionieri in terre nuove, dal grande nord al west americano. Perché ciò che è umano (e non è molto) è puramente funzionale, senza fronzoli, senza giri di parole. Perché il di più in certi spazi non te lo puoi ancora permettere ed è strano, ma per noi, che veniamo da luoghi in cui tutto è lecito e quasi dovuto, questa cosa ha un che di straordinariamente pacificante. Comunque, le prime ore di esplorazione (al netto della safe zone da cui non uscire in solitaria perché terra di orso polare) son così organizzate: Ric sulle tracce del carbone e delle tubature sopra il permafrost, io su quelle della botanica Hanna Resvoll-Holmsen, che nel 1907 venne quassù come botanica unendosi alla spedizione del principe Alberto di Monaco. Non paga, l’anno seguente ci torno’ da sola per un reportage fotografico dedicato alle piante artiche che per completezza e ricchezza rimane un unicum nel suo genere. Così eccomi alla ricerca dell’eriophorum (che sarebbe il cotone artico), dei muschi rossi e dei salici polari (che son piccoli piccoli come il puntino che mi geolocalizza quassù se apro Google Maps). A Tommaso, che abbiamo conosciuto oggi e studierà a Longyearbayen per diventare guida, vorrei dire che domani in ogni caso sarà bello (e di non stare in nessun caso ad ascoltare il signor Ramsey, pure venisse tempesta).





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